In epoca borbonica l’esplorazione dell’edificio fu compiuta attraverso pozzi e cunicoli; esso non fu riportato alla luce. Si tratta di una dimora di grande rilievo architettonico dotata di una suppellettile di eccezionale ricchezza e qualità, paragonabile a una Villa Imperiale, corredata dell’unica Biblioteca finora restituita dal mondo antico. I papiri, le opere d’arte (sculture, pitture, mosaici), gli oggetti del quotidiano furono portati prima nell’Herculanense Museum, allestito nella Reggia di Portici, poi nel Palazzo degli Studi di Napoli (a partire dal 1806), l’attuale Museo Archeologico Nazionale. Oggi, da molte parti, se ne auspica uno scavo compiuto, nella fiducia che possa restituire ancora testi e opere d’arte sfuggiti all’esplorazione settecentesca; inoltre, uno studio dell’edificio nel suo insieme potrebbe chiarire alcune questioni che concorrerebbero a una nostra migliore conoscenza di alcuni aspetti della cultura della Roma tardorepubblicana.
I parziali interventi di esplorazione (1986-1987) e scavo (1992-1997) compiuti nello scorso secolo hanno rivelato che l’edificio si estendeva su più piani (almeno tre) sottostanti rispetto a quello già noto e non esplorati dall’indagine settecentesca e che la continuità tra la Villa e la zona occidentale della città era determinata dalla presenza di altri edifici che dallo scavo sono emersi.
In seguito a una convenzione stipulata tra la Regione Campania e la Soprintendenza Archeologica di Pompei è stato compiuto uno studio di fattibilità per lo scavo della dimora nell’ottica di un inserimento dell’area archeologica nel tessuto urbano attuale: ci si augura che questo possa essere il preludio a un concreto avvio dell’impresa.